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giovedì 11 ottobre 2012

Rispettiamo le distanze: le Zone Interpersonali



Il modo in cui ci disponiamo nello spazio trasmette dei messaggi non verbali a coloro che ci stanno vicini. 
Noi stessi inconsapevolmente rileviamo questi messaggi e rispondiamo con atteggiamenti emotivi.
Il modo in cui gestiamo lo spazio può essere attribuito ad un retaggio del mondo animale: viviamo la limitazione del nostro spazio vitale come una belva che deve combattere o fuggire e risponde all’intrusione con aggressività o paura. 
Quante volte ci è capitato di giudicare male una persona solo perché invade il “nostro spazio” e non rispetta la distanza appropriata. 
Il nostro inconscio fa gli straordinari e lavora per noi anche quando pensiamo che sia a riposo. Se ci presentiamo a qualcuno, se entriamo in una stanza o saliamo su un autobus pieno di gente, lo spazio che occupiamo darà una precisa comunicazione di noi stessi agli altri. 
L'antropologo Edward T. Hall sapeva di ”Portare consapevolezza a ciò che viene dato per scontato” quando elaborò il modello delle Zone Interpersonali.
Il nostro corpo riesce a comunicare attraverso quattro tipologie di distanze differenti, misurabili in metri o “braccia”:
- La più prossima al nostro corpo è la distanza intima: uno spazio tra noi e gli altri che va da 0 a 45 cm misurabile anche con un avambraccio teso in avanti. In questo spazio così ristretto facciamo entrare solo poche persone con cui abbiamo delle strette relazioni affettive nonché familiari. Se questo spazio viene violato da estranei, provoca in noi una forte sensazione di disagio.
-La seconda è la distanza personale, uno spazio che va dai 45 ed i 120 cm, misurabile anche con un braccio teso in avanti. Permettiamo di valicare questo spazio ad amici e conoscenti con cui abbiamo instaurato confidenza. Può essere considerato lo spazio della stretta di mano e rappresenta per il mondo Occidentale la distanza ideale in buona parte delle interazioni.
-La cosiddetta distanza sociale invece, è quella distanza che va dai 120 ai 300 cm, misurabile anche con le braccia tese di due interlocutori. Questa distanza è funzionale per rapporti sociali di formalità e ci permette di trovare confort nelle situazioni impegnative come colloqui di lavoro o trattative importanti.
-L’ultima è la distanza pubblica: quella distanza oltre i 3 m funzionale alle situazioni pubbliche come conferenze o comizi in cui uno speaker deve affrontare una platea e in cui la probabilità di interazione è scarsa. 
Possiamo metaforicamente immaginare  queste distanze come delle bolle invisibili che ci avvolgono e proteggono dall’esterno. 
Alla violazione di queste bolle mettiamo in atto degli accorgimenti mirati a ripristinare la distanza spaziale e psicologica: ad esempio, poniamo degli oggetti tra noi e l’interlocutore o evitiamo lo sguardo con l’altro, incrociamo le braccia, orientiamo il nostro corpo in un’altra direzione e utilizziamo altri gesti di chiusura.

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